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notturno 313

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O selva dell’Estremo Occidente! O foresta delle piaghe opime! O esilio della mia virtù lacrimata come la rèsina!


Cavalco attraverso le pinete già arse.

Vo errando per le giovani pinete senza avvenire, sacrificate come i fanciulli di prima scelta nel bronzo arroventato dell’idolo.

Il terreno è caldo e qua e là fumido, nerastro, striato di cenere bianchiccia.

I pini sono foschi, avvampati fino alla cima, senza aghi, con ì soli rami nudi; ma tutti in piedi come ì martiri invitti.

Qualcuno è incarbonito; e il fuoco lavora tuttavia nel tronco mozzo, cerca le radici, mangia sotterra.

Qualcuno ha la sua nerezza coperta da lievi falde di cenere per tutto il fusto scabro.

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