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notturno 315

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Vedo nel cielo muto alzarsi la lunga tromba esile che ondeggia.

M’incanta.

Volgo verso quella il cavallo per osservarla da vicino.

Come mi accosto, si dilegua.

E un’altra sorge più lontano.

E m’incanta.

E m’accosto. E svanisce.

E un’altra sorge ancor più lontano; e un’altra ancóra; e ancóra un’altra.

Vacillano taciturne per l’aria ardente; accennano; si disciolgono, si disperdono.

Sono come le larve degli olocausti.


Varco i fossi; trapasso le larghe vie sabbiose, chiamate guardafuochi nella Landa, che non valsero a preservare le selve contigue. La sabbia v’è mescolata di cenerume e di carbonella trita.

Sotto una frana un groppo di ra-

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