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Vedo nel cielo muto alzarsi la lunga tromba esile che ondeggia.
M’incanta.
Volgo verso quella il cavallo per osservarla da vicino.
Come mi accosto, si dilegua.
E un’altra sorge più lontano.
E m’incanta.
E m’accosto. E svanisce.
E un’altra sorge ancor più lontano; e un’altra ancóra; e ancóra un’altra.
Vacillano taciturne per l’aria ardente; accennano; si disciolgono, si disperdono.
Sono come le larve degli olocausti.
Varco i fossi; trapasso le larghe vie sabbiose, chiamate guardafuochi nella Landa, che non valsero a preservare le selve contigue. La sabbia v’è mescolata di cenerume e di carbonella trita.
Sotto una frana un groppo di ra-
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