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notturno 327

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Veggo la sua veste variegata d’aria d’acqua di terra e di fuoco.

Veggo i suoi portatori di pini, le schiere irsute dei suoi dendròfori somiglianti all’albero sacro.

Chi ulula? Chi rugge? Chi chiama dall’abisso e dal sommo?

Il sole è oscurato.

Il tuono dei Novissimi è questo che dòmina l’urto dei due avversarii ruggenti?

Dove si scontrano, tutto è già divorato. Tutto è nero tizzo e bragia e cenere calda. Non v’è più esca.

Il fuoco muore.

Il fuoco è morto!

Attonito è il dolore, e il terrore ammutisce.

Ma, ecco, un turbine tacito prende la cenere che tuttora sfavilla, e la solleva al nuvolo tetro che si dirada.

Veggo la lunga tromba esile montare, vacillare, lontanare.

È la larva dell’olocausto.

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