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notturno 347

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Non mi sono assopito se non a giorno chiaro, quando ho veduto la luce trasparire per gli interstizii degli scuri e ho udito il canale risvegliarsi con le voci note e con i noti suoni.

Sentivo di continuo nel sopore oscillare il letto e dentro di me battere il motore malato.

È tardi. Il sopore non mi lascia alcun sollievo. Mi sento stanco e rotto. La bocca è così arida che non riesco a formare le parole. Il cuore disordinato sobbalza e si accelera, con violenze folli. L’infermiera mi cambia la compressa e le fasce. Le sue mani tremano.

«Chi approda alla riva?» le domando.

Un motoscafo strepita nella mano-

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