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352 notturno

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Non finisce mai di andarsene.

È uno straccio che palpita sul mattone cupo come il sangue aggrumato.


Ho sempre veduto qualcosa di sinistro in questa piccola riva verdastra, dalla sera in cui una vecchia gondola sbatté lungamente contro i gradini scoperti dalla bassa marea, putridi come l’orlo della fogna. Il gradino era diventato così alto che il piede non ci arrivava per discendere.

Un mattino della fine di gennaio, grigio e umido, uscendo dalla casa udii voci di donne chine sul canale. Chiesi che facessero.

Annegavano cinque gattini nati nella notte. Li portavano nel grembiule, li gettavano a uno a uno nell’acqua. La calle stretta, il campiello deserto col suo pozzo murato, sapevano di assassinio.


L’ombra della sciagurata non abbandonerà mai più il muro. La pietra

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