< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

notturno 361

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:373|3|0]]Conto le costole e le vertebre. La rete esigua dei nervi è color di ruggine.

Il sangue sempre più s’ispessisce Mi vien voglia di sbatterlo, come il latte nella zangola, col menatoio; o con gli ossi consunti delle mie mani stesse.


Ritornano le apparizioni violette.

Ho nell’occhio una selva di ametista. Da ogni parte vengono uccelli a stormi, e si posano su i rami rigidi.

I primi sono gialli come i canàrii. Poi le specie e le tinte si moltiplicano senza fine.

Mi ricordo d’un episodio grazioso che mi raccontò, alla vigilia della battaglia su la Marna, la moglie del capoposto Thévenin, mentre inchiodavo le bandiere ai pali del mio canile.

Nel porto di Marsiglia erano giunti alcuni piroscafi che portavano uc-

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.