Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
notturno | 413 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:425|3|0]]fastidio delle palpebre irritate, o simili forse a quelle che conobbi dalla musica sublime.
Il clamore è dileguato. Il silenzio e l’albore sono un solo sentimento funebre.
L’odore dei giaggioli, che qualcuno ha colti per me negli orti della Giudecca, mi diventa a un tratto intollerabile.
Per sfuggire all’imagine orrenda, evoco i muri toscani lungo le strade bianche coronati de’ bei fiori violetti quando il barocciaio passa addormentato nel sonno d’aprile.
L’odore mi soffoca. Vedo le corone marcite sul tumulo del mio compagno perduto.
Vedo i suoi dolci capelli biondi rilucere là dove tutto è forse già informe.
Vedo, presso il tumulo, il cippo romano fitto sul teschio dell’altro mio diletto. L’oro dell’ala d’Icaro luccica