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notturno 417

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C’è in fondo al mio occhio un dio plasticatore, e c’è una massa plastica inesausta: la terra elementaria.

Col medesimo pollice invisibile l’onnipotente forma di rilievo e cancella, figura e trasfigura, crea dall’ignoto e nell’ignoto annìchila.

Gli artieri senza nome e senza numero dell’Egitto e dell’India, i collegi dei figuli ornatori di vasi e di mura còttili, le maestranze corali degli edifizii gotici non inventarono e non perpetuarono nei secoli tante imagini quante ne assomma in una notte la piccola sfera del mio occhio infermo.


La massa plastica è rischiarata a quando a quando dai lampeggiamenti della divinazione, è levigata a quando a quando da una sinuosa melodia fluviale.


Che scopre il dottore attraverso il suo disco forato quando mi fissa

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