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Non ebbi mai tanto rammarico nello svegliarmi.
Certo questo sogno me l’ha mandato l’arcangelo del mio nome.
L’estasi discende dall’alto nei beati o sale in loro dal profondo?
Quel che ho sentito non lo so assimigliare né significare, neppure se penso a un’aurora che d’improvviso nasca dal flutto dello spirito e irradii il sommo della carne.
Ero il giovinetto di Prato, ero l’amico del Bisenzio.
Era l’aprile, come ora; era il tempo di Pasqua.
Camminavo su per l’argine erboso dell’Affrico tenendo per mano la «compiuta donzella» che aveva i miei sedici anni eguale e portava come una ghirlandetta il suo bel nome
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