< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

notturno 447

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:459|3|0]]

E perché, quel giorno, in vicinanza di Tebe dalle cento porte, sotto i grandi alberi di gaggìa, non mi scalzai per camminare a piedi nudi sul tappeto giallo dei fiori caduti ma me ne volli tornare a bordo del battello pigro?


«Guarda! Guarda!»

Chi sa com’è bella la notte laggiù nel Vallone del sangue, fra baracca e baracca, fra tenda e tenda!

E chi sa come biancheggia l’incantesimo delle pietre a Campolongo mentre la nebbia sale dalla Val d’Astico! Chi sa come grandeggiano stanotte le muraglie ciclopiche e i torrioni di roccia a Bosco Agro, in quella batteria dove sul far della sera vidi tra due pezzi arroventati dal tiro affacciarsi un capriolo!


«Guarda! Guarda!»

Tutta la mia notte la passerò a noverare i miei rammarichi?

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.