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458 | notturno |
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«Come puoi dormire così basso?» ella dice con la voce velata.
È il guanciale di pena, su cui per settimane e settimane ho tenuto il mio occhio nell’immobilità come su un mucchietto di cenere un tizzo vivo sotto il soffio continuo di un demone intento a levarne vampe e faville.
Io sono in piedi, ed ella è coricata. Sono presso al capezzale come ella era, ed ella è supina come ero io.
Ella dice: «Io non potrei dormire così.»
Non posso chinarmi su lei perché debbo sempre tenere la testa un poco rovesciata indietro quando resto in piedi.
«Vuoi un altro guanciale?»
Vado con passi cauti là dove dianzi ero adagiato presso la finestra. Prendo un cuscino, torno verso il letto.
Il cuore m’è gonfio d’una dolcezza così pura che mi sembra vi affluiscano insieme l’infanzia della mia creatura e la mia.