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notturno 479

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«Ecco il tuo lauro che parla» dice la Sirenetta.

È un alloro arrotondato sopra uno svelto stelo nudo, alto come un uomo.

Ha non so che aria allegorica; sembra trapiantato da un verziere del sogno di Polifilo.

Non gli manca se non lo svolazzo d’un cartiglio avvolto a mezzo fusto.

La sua fronda è cupa, dura, fitta, così che la Musa non potrebbe introdurvi la mano senza essere offesa dai margini taglienti.

E dalla fronda perenne sorgono a intervalli ritmici le fogliette nuove, così vivaci che sembrano lingueggiare simili a piccole lingue impazienti che abbiano «volontà di dire».

L’anima fresca della Sirenetta ha sùbito sentito il ritmo senza suono.

Il lauro parla. Dice: «Per non dormire»? o dice: «Per non morire»?

Non mai tanto mi fu alieno il sonno, né mai in tanta morte ebbi tanta ansia d’immortalità.

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