< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
486 notturno

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:498|3|0]]neati nell’oro musivo della basilica di Ravenna. Tutto il rimanente è opaco e ritornato alla terra.


Ci sono azioni eroiche da cui l’eroe attonito è imprigionato per sempre.

Ecco un’aquila che porta ai piedi la catena e la palla di piombo.

Non so perché, sento che egli è per rimanere oppresso dalla necessità di superarsi.

E mi viene voglia di piangere con lui.

E lo vedo laggiù, esule nella sua terra, coi piedi confitti nella gleba non seminata, concentrare la disperazione dei suoi occhi di volatore nella vetta del Vùlture.


«Tornerò alla Comina fra due o tre giorni. Non son passato da Venezia se non per abbracciarti.»

«E potrai già ricominciare la guerra?»

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.