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ANNOTAZIONE.

Questo comentario delle tènebre fu scritto, riga per riga, su più che diecimila cartigli. La scrittura è più o meno difforme, secondo la sofferenza del male, secondo la qualità delle visioni incalzanti.

Nei mesi di maggio e di giugno dell’anno 1916 mia figlia Renata lavorò a interpretare gran parte delle liste, mentre in una luce modesta io scrivevo la Licenza aggiunta alla Leda senza cigno servendomi del medesimo accorgimento ma potendo di tratto in tratto con un’occhiata soccorrere alla dirittura.

L’interpretazione mi fu letta e poi — non senza mia riluttanza — fu data al mio editore che la stampò nell’autunno del medesimo anno. Comprendeva il testo di questo libro fino all’episodio dei soldati ciechi nell’ospedaletto da campo, alcuni altri frammenti della seconda parte e tutta la passione della settimana santa, sino alla fine.

Per il resto le difficoltà del decifrare e dell’ordinare si presentavano così gravi che scoraggiarono la pazientissima copiatrice. Le liste, sfuggite ai fermagli, s’erano confuse. Molte, scritte nelle ore della peggiore ambascia, contenevano due e perfino tre righe intersecate o sovrapposte. Altre — come, ad esempio, quelle che figurano le apparizioni del volto di mia madre — erano state consegnate di nascosto alla mia fedele infermiera con l’ordine di custodirle a parte e di non mostrarle ad alcuno.

Io stesso oggi stento a rappresentarmi le vicende di quel mio sforzo: le ispirazioni subitanee, le interruzioni brusche, le riprese agitate. Il getto era distrutto dalla minima pausa. Se per un attimo la mano s’arrestava, le masse mentali incandescenti crollavano, e subito nuova materia e nuovi aspetti subentravano impadronendosi della mia attenzione.

Per più settimane, mentre stavo supino in veglia, mentre soffrivo senza tregua l’insonnio, io ebbi dentro l’occhio leso una fucina di sogni che la volontà non poteva né condurre né rompere. Il nervo ottico attingeva a tutti gli strati della mia cultura e della mia vita anteriore proiettando nella mia visione

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