< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
46 notturno

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:58|3|0]]tanto lo amiamo, tanto gustiamo la sua grazia bizzarra. L’umidità cinericcia smorza il riso e il motto.

Grandi mura. Ordegni enormi.

Entriamo nell’Arsenale. Luigi Bresciani va a lavorare intorno al suo velivolo di combattimento. Manfredi Gravina torna all’Ammiragliato. La volontà brilla a traverso la malinconia dell’attimo che non è più.


Separandomi da Alberto, che insiste pel pranzo, gli dico che venga da me alle sette, e che a quell’ora, secondo l’umore, deciderò se mi sia meglio uscire oppure restare a casa.

Tristezza ottusa. La vita si rompe all’improvviso come una corda tesa.

Difficoltà di riannodarla.

Anche Renata è triste. Decido di andare a pranzo con Alberto per distrarla. Anch’ella si rammarica dell’assenza del nostro amico. Sembra che per noi non ci sia omai più piacere senza di lui.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.