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notturno 47

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Scrivo a Cinerina per dirle di venire.

Renata va a vestirsi.

Usciamo verso le otto, nel buio, tenendoci per mano.

Timidità e disgusto davanti alla porta vetrata della trattoria, di dove si vede la gente che mangia e fuma. Voglia di tornare indietro.

Qualcuno m’incoraggia, mi viene incontro, mi conduce nell’altra sala, più tranquilla, dove mi aspettano Alberto e Manfredi.

Pessimo pranzo, conversazione svogliata. Renata è triste. Alberto è di umor nero, parla poco. Fa uno sforzo: si sente scoraggiato, si sente vecchio! Deve partire in licenza domani mattina o domani sera.

Portano frutti insipidi. La vita a un tratto perde ogni sapore. Quella stanza è fredda e bianca come un ospedale. Un estraneo è seduto nella tavola accanto: guarda e ascolta, con un’espressione di stupidità curiosa.

Rinunziamo al caffè per andarlo a

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