< Pagina:D'Annunzio - Notturno.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

notturno 49

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'Annunzio - Notturno.djvu{{padleft:61|3|0]]no innanzi. Da qualche parola che mi giunge, sento che egli le racconta gli anni d’Accademia passati con l’amico nostro a Livorno, Quando siamo sul ponte della Paglia, Renata dichiara di non voler andare a casa così presto.

La Riva degli Schiavoni è bianca di luna. Dal Caffè Orientale, a traverso le porte chiuse, viene un suono di strumenti a corda.

Accompagnamo Manfredi Gravina all’Arsenale. Andiamo a guardare i Leoni mandati in dono alla Patria da Francesco Morosini conquistatore della Morea. C’indugiamo a riconoscere quale sia il più bello.

Ci separiamo. Ripassiamo il ponte. Riaccompagno Renata all’albergo. Siamo tristi come d’una serata perduta. (La sera innanzi avevamo ricondotto Beppino alla riva, dove l’aspettava il canotto; ma egli aveva voluto tornare indietro per ricondurre Renata fino alla porta.)

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.