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notturno 67

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Odo lo scalpiccìo dei marinai che fanno la pulizia nei corridoi dell’Ospedale.

È il giorno? Di nuovo la realità mi sfugge.

È vero? Balzo dal letto, mi bagno gli occhi con un fazzoletto inzuppato nell’acqua della brocca. Discendo.

Mi perdo nei corridoi e nelle scale. Ritrovo la stanza mortuaria. Entro.

L’afa dei fiori e della cera.

La coltre nera, immutata. La forma del cadavere, immutata.

I due marinai di guardia.

Il romore del giorno, di fuori. Le trombe, le campane, il risveglio della città, il ricominciamento inevitabile.

È là il buon Silvio, con gli occhi rossi.

Il mio dolore al capo diventa così crudele che non resisto più. Ordino il canotto. Esco su l’imbarcatoio. Guardo il mattino freddo e cinereo.


Torno a casa, sfinito. Mi spoglio.

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