< Pagina:D'annunzio - Elegie romane.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
84 elegìe romane

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|D'annunzio - Elegie romane.djvu{{padleft:94|3|0]]


ma non quel colle, ma non quel lago, ma non il lontano
  8mare, ma non la sera fulgida aveva abissi

tanto profondi quanto l’abisso che muto tra noi
  10era... Oh discesa lenta per l’infinito clivo

mentre ne l’ombra cantavano già gli usignuoli,
  12noti aulivano fiori anche invisibili!

Candido arrise il cielo. Recò nel sovrano candore
  14suon di campane l’Ave, giù da Castel Gandolfo.

Ci soffermammo. Ed ella (il suo lieve gesto mi pesa
  16ne la memoria) da la fronte dolente al petto

stanco segnò la croce: — indizi d’interna preghiera
  18a la sua bocca pallida salirono.

Quale fu il vóto? Invase pur me, in quel lume, un fervore
  20sùbito; e pur fervido sorse il mio vóto al cielo.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.