< Pagina:D'annunzio - Elegie romane.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Era il mattino. Un grave sopore teneva la donna
2misera; su’l guanciale pallido men di lei.
Fredda, composta, immota, parea profondata nel sonno
4ultimo, ne la pace ultima, su la bara.
Alito non s’udiva. Parea che le labbra premute
6fossero da la Morte, tanto eran chiuse e pure.—
Non ti destare, non ti destare — pregai nel segreto
8cuore — se vuoi ch’io t’ami! Sieno per sempre chiuse
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.