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CAPITOLO VII.

Pronto!


La signora Cortis non si riebbe per tutto quel giorno, malgrado i soccorsi della sua farmacia omeopatica e qualche bicchierino di rhum, la più sgradita, secondo lei, delle medicine. A sera tarda si addormentò. Allora Daniele, che aveva appena trovato il tempo di pranzare e di scrivere un biglietto ad Elena, scese a Lugano. Prima di partire si fece aprir lo studio dalla Barbara; non v’eran più nè la bottiglia, nè il libro, nè i sigari.

«Ci vien qualcuno a trovarla?» disse Cortis.

«Pochi o nessuno» rispose la serva. «Viene qualche volta una signora russa.

«Chi è?

«Credo che sia una donna di teatro. Ma è vecchia come la padrona, anche lei. Ha scritto il suo nome in un libro. Ieri era qui, ma adesso non lo vedo più. La padrona l’avrà portato via iersera.

Cortis guardò uno studio del monte Rosa, da Pazzallo, e un ritratto d’uomo; le sole tele in lavoro.

L’uomo era un medico luganese che, dopo le prime visite e le prime pose, non s’era più lasciato vedere.

«Lo sapevate, voi» disse Cortis uscendo dallo studio, «che la signora mi aveva scritto?

«Sì, signore» rispose la serva sottovoce e in aria

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