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voci nel buio 145

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:155|3|0]] voteranno secondo loro piacerà. I tuoi amici combatteranno a oltranza, se non altro per l’onore. Notizie della montagna assicurano che una tua visita vi avrebbe ottimi risultati.

B.»


«Elezioni?» chiese la contessa quando Cortis ebbe finito di leggere; e non attese la risposta.

«Domani» disse «devi essere tutto per me. O mio cognato si persuade di metter fuori questo danaro, o bisogna che lo trovi io. In ogni modo tu devi aiutarmi.

Cortis rispose ch’era impossibile. Doveva partire per la montagna l’indomani mattina all’alba e non si teneva neppur sicuro di ritornare la sera. La contessa ebbe un bel disperarsi. Egli fu freddo e inflessibile come il ghiaccio.

Potendo vincere, aveva il dovere di battersi. Ogni sentimento, fosse anche l’amore, scompariva sempre in lui senza lotta, davanti alla lucida e sicura visione di un dovere. Si alzò, promise che scriverebbe ad Elena la sera stessa e partì per Villascura.

Nel passare davanti alla casina vestita di rose dove era lo studio d’Elena, pensò a una sera di dodici anni addietro, ch’Elena era venuta dal prato al suo studio con un fiore rosso nei capelli, accesa in viso, dicendo: «Oh, Daniele, come ho corso!» e poi era corsa via ancora, gittando una risatina al vento. Ora il prato era deserto, lo studio chiuso, lei lontana. E lo amava, soffriva, era infelice. Cortis strappò una delle rose che fiorivano davanti alla porta dello studio.

«Ah, Elena» diss’egli, «ti domando a Dio!

Dopo di che non ci pensò più, si mise a discor-

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