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Roma, 2 luglio 1881.

Caro cugino,

Mi annunciano la tua elezione. Sono sinceramente lieta di vederti sulla via maestra per un cammino che desidero onorevole e felice.

Ebbi pure la tua lettera, e quello che scrivi di Lugano mi fece gran pena. Affretto con i miei voti il momento...

(Qui due lagrime le caddero sul foglio, ma ella tirò avanti a scrivere stringendo le labbra convulse):

... in cui una donna pura e fedele ti consolerà, scalderà il tuo focolare deserto.

Io penso e ho sempre pensato a te con amicizia, ma non vi può essere nel mio cuore e non posso ammettere in te un sentimento diverso. Sono quindi costretta a dirti che alcune frasi del tuo biglietto da Lugano e della lettera d’oggi mi spiacciono, mi offendono. Spero non sarà molto difficile mutare d’animo e di linguaggio; altrimenti preferirei non avermi a trovar teco.»

Elena cessò di scrivere. Era stato troppo grande lo sforzo di cercar queste parole dure; la fantasia, stimolata dalla passione e dalla febbre, gliene diceva di troppo diverse. Non sapeva come continuare. E mentre cercava una via cogli occhi fermi sul foglio bianco, mentre passava di pensiero in pensiero, la sua mano inconscia scrisse lentamente «d’inverno, d’estate, da presso e...»

Si scosse, vide, e lacerò il foglio. Soffriva, era mortalmente stanca, ma il pensiero di trovarsi ancora lì, all’indomani, quella lettera sul tavolino, le met-

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