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176 | daniele cortis |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:186|3|0]] mossa di sentirsi così bene e che si godeva tanto di piangere. Effetto di debolezza. La debolezza è ancora grande e la dieta non può essere finora che lattea e vegetale; ma, se arriviamo a far tollerare il ferro e le carni, spero in un pronto ristabilimento.
Con profondo ossequio
suo umil.mo e dev.mo |
- Alla baronessa
Elena di Santa Giulia, a Cefalù.
Roma, 4 febbraio 1882.
- Cara Elena,
Nè mi rispondi, nè mi fai rispondere quando una parolina basterebbe. La mia coscienza dice che avrei fatto bene ad accontentar tua madre senz’altro.
Questa reumatica non è partita? E il dottor Niscemi è egli à bout della sua letteratura? Le equazioni a due incognite non sono mai state il mio forte.
L’altro giorno ti ho scritto dalla Camera; oggi scrivo nel mio quartierino di via Principe Amedeo, con le finestre aperte a un tepido sole petrarchesco, a una primavera platonica, a tutte le trombe, a tutti i fischi di quanti tram e locomotive Lucifero ha messo al mondo. Se ci fossero stati cent’anni fa, Alfieri non avrebbe potuto, suppongo, scrivere la Merope, come la scrisse, secondo una lapide, a pochi passi da casa mia; e io non avrei fatto ridere, vociando come un forsennato nel teatrino del mio collegio:
Ahi, quanta è impresa il mantenerti, o trono!