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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:223|3|0]] tito. Io lascerò dunque la Camera augurando che vi entrino presto degli uomini sciolti dalle superstizioni e dalle ignoranze di un certo individualismo liberale che si crede alla testa dell’umanità, e non si accorge di passare alla coda; non si accorge di aver lavorato utilmente, sì, a distruggere tante cose, ma di aver lavorato non per sè, sibbene per uno molto più forte, molto più potente, che ora, trovando le vie sgombere, arriva e se lo piglia lui il mondo e lascerà forse a simili liberali qualche prato d’Arcadia e poche pecore. Questi uomini penetrati dal futuro, questa gente positiva, verrà alla Camera, convinta, a differenza di altri retori e mitologi, che nel lungo lavoro di rinnovamento sociale cui le forme moderne della produzione impongono, il migliore strumento sarà una monarchia forte, sciolta da qualunque legame con qualunque chiesa, ma profondamente rispettosa del sentimento religioso. Questi uomini saranno ispirati dal più ardente patriottismo e non faranno mai, per un solo palmo non nostro di terra italiana, dichiarazioni nè abili, nè oneste.
«Ecco» proseguì Cortis, dopo un momento di silenzio, «io svolgerò, presso a poco, questi concetti. Adesso voialtri dovete dirmi francamente la vostra opinione.
Nessuno parlò. Cortis andò a buttarsi sul canapè, si mise a guardare il soffitto, aspettando.
«Ardito» sussurrò il senatore C... «Un discorso molto ardito.
«Questo si sa» esclamò Cortis con un gesto di noncuranza. «Tanto ardito che forse non lo potrò fare.
Quel deputato che stava a cavalcioni della sedia,