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214 | daniele cortis |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:224|3|0]] si scosse a un tratto, picchiò forte col pugno sulla spalliera.
«Non guardo questo, io» diss’egli, alzandosi. «Non guardo l’arditezza della forma, guardo l’arditezza delle idee.
Soggiunse che, giudicando da una esposizione così concisa, le idee gli parevano più radicali di quelle nelle quali tutti i presenti si erano accordati nel trattare per la fondazione del giornale. Si era parlato, sì, e molto, di riforme sociali; ma questo era un mettere avanti troppo apertamente il socialismo di stato con pericolo di spaventare il pubblico. Adesso non voleva discutere il principio, ma certo in Italia gli mancava la conveniente preparazione, certo non era abbastanza divulgato per chiamar gente intorno a una bandiera nuova. L’onorevole deputato non approvava poi che si parlasse con dispregio della trasformazione vagheggiata da tanti nella Camera e fuori. Si poteva essere scettici su questo punto, ma non conveniva mai, in politica, offendere alcuno senza necessità.
Un giovine siciliano, reduce da Berlino, fervido fautore del socialismo cristiano, prese focosamente le parti di Cortis; disse che altro era un programma di governo, altro un programma di partito. Il riserbo e le cautele vengono col potere. Quando s’intende creare un movimento dal di sotto all’insù, ci vuole franchezza e ardimento. Chi non parla di riforme sociali? Bisogna anche dire come deve farsi questo grande lavoro: con la monarchia forte, il Reich; con l’associazione, con il sentimento religioso.
L’onorevole deputato replicò; altri intervennero