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vento, pioggia e chiacchiere 13

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«Sì, perbacco che è lui!... Malcanton, contessa; è qui Malcanton!

«Oh Dio» gridò la contessa Tarquinia che rientrava allora in sala. «Io che me l’ero dimenticato!

Aveva mandato questo Malcanton, poche ore prima, a far delle commissioni.

«Eh, ma dimenticato del tutto» soggiunse. «Dio, che figura! Pare un topo annegato.

Ella aperse la porta, mise una vocina graziosa, porgendo il capo e ritirando la persona. «Presto, presto! Dentro, dentro!

Il signor Malcanton entrò, si scosse come un can barbone tenendo l’ombrello a braccio disteso, mentre la contessa gemeva a mani giunte.

«Oh Dio, poveretto, in che pena, in che pena sono stata! Poveretto, come siete rovinato! Che rimorsi! Presto, presto, di sopra, di sopra, un punch, subito!

«Fatto tutto, contessa, fatto tutto!» ripeteva il can barbone. «Fatto tutto. Parlato al signor Momi, alla signora Catina, inteso col dottore, impegnata la banda, telegrafato per i fuochi.

«E imbarcata l’acqua» mugghiò il barone seduto dietro gli altri, sul biliardo, con le gambe penzoloni. Tutti risero, tranne Malcanton che guardò colui a bocca aperta.

«Grazie, grazie infinite; ma di sopra, adesso di sopra!» insistè la contessa, ricacciandosi il riso nel petto. «Elena, vai su dallo zio? Ti prego allora, passando, questo punch.

«A proposito» riprese Malcanton «sarà anche scritto per questo libretto del Laven-tennis e per sapere come si pronuncia.

«Laan-tennis» disse la contessa Perlotti.

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