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il segreto della signora cortis 237

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«Eh sentiamo!» disse il barone ricadendo a giacere, quasi, sul sofà. «Si fuma?

Trasse un sigaro e l’accese senza attendere risposta.

Cortis sedette alla sua scrivania e cominciò a parlare stringendosi forte con le mani la fronte e le tempie. L’avvocato aveva gli occhi fissi in lui, il barone fumava guardando il soffitto.

«Mi manca il tempo e la voglia» diss’egli «di spendere delle parole inutili. Ho una proposta da farvi.

«A chi?» disse il barone.

«A tutt’e due. Qualcuno che non vuol essere nominato, è disposto, sotto certe condizioni, ad assumere il debito del barone Di Santa Giulia verso...

«Non seccatemi!» gridò il senatore. «Questa persona è mia suocera e io prego il demonio che se la porti. Non seccatemi!

Scagliò rabbiosamente il sigaro a terra.

«A’ miei debiti ci penso io!» diss’egli.

Cortis aveva una pazienza mirabile, quel giorno.

«Vostra suocera non c’entra» rispose.

«E allora?» esclamò il barone «non può essere, ma se fosse quell’altra carogna di...

«Zitto!» proruppe Cortis calando due gran pugni sulla scrivania.

«Avete a sapere» incominciò con sommessa voce stridente il barone chino incontro a lui «avete a sapere, e me ne f... che lo sappia anche questo signore, che io ho dei debiti, molti debiti, ma che voglio essere dieci, cento, mille volte più nobile dei vostri nobilissimi, purissimi signori Carrè, della vostra arcivirtuosa signora zia e dell’arcigentiluomo

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