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«Sai» diss’ella sottovoce, senza un gesto «che egli era amico di tuo padre?

«Chi?

«Di Santa Giulia.

«So che ce l’avevano raccomandato quando era tenente di cavalleria e che veniva poco in casa nostra.

«Sì, ma ci vedevamo spesso fuori. E sai il paese? gli anni? Ad Alessandria, fra il 53 e il 55.

Cortis piegò il viso, si recò la mano alla fronte, come se pensasse a raccogliere i propri pensieri. La tolse subito, ne appuntò l’indice a sua madre, inarcando le ciglia.

«Sì» diss’ella «il tempo della mia sventura.

Tacque; i loro occhi s’incontrarono, si parlarono. Un subito tremito invase Cortis, una subita angoscia gli corse al viso. Si protese, sbarrati gli occhi, a sua madre.

«Lui?» chiese con voce soffocata.

Ella ansava, ansava, lo guardava sempre e non rispondeva.

A un tratto il viso di Cortis diventò freddo.

«È il secondo che accusate» diss’egli, buttando in aria un braccio e la mano spiegata.

«L’altro era morto» rispose sua madre. «Speravo di salvarmi. E poi ho le prove.

«Che prove?

«Ho un biglietto che mi scrisse quando, cacciata di casa, andai a cercarlo a Valenza, dov’era in distaccamento.

Ella parlava ora impetuosa, con tutt’altro accento dal solito, sentendosi a fronte uno scetticismo che sapeva di meritare spesso ma non questa volta. N’era

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