Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
266 | daniele cortis |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:276|3|0]] non si sapeva dove telegrafarle. E poi lei ha potuto vedere il bollettino sui pubblici fogli.
«Non ne leggo» fece il conte bruscamente, scotendo la testa. «Dunque guarisce?
«Oh certo, non c’è dubbio, è quasi guarito adesso.
Entrarono nell’omnibus della Minerva. Lao si affrettò di chiudere tutti i vetri, e si ravvolse le gambe in una coperta brontolando:
«In vagone si bolliva e qui si gela. Lui guarisce e creperò io.
Clenezzi che lo conosceva poco, lo guardava come una bestia curiosa.
«È infreddato?» diss’egli.
«Infreddato? Magari! Rovinato, sono. Del resto, sa, mi seccherebbe di morire a Roma, perchè ogni volta che ci son venuto mi son pigliate le febbri, e, se risuscitassi qui, me le piglio subito ancora. Dunque mi dica. Cos’ha avuto Cortis?
Il senatore gli raccontò tutto. Oramai la minaccia di congestione cerebrale era svanita e con essa qualunque pericolo.
«È ancora alla Camera?» chiese il conte.
«Ancora alla Camera.
«E mia cognata? E mia nipote? Sempre là, m’immagino!
«La baronessa Elena, sì, sempre là, tranne qualche ora la notte e qualche momento di giorno.
«Però saranno tranquille, adesso?
«Ma, so mica, ci sono per aria delle altre cose.
Il conte Lao, assordato dal rumore dell’omnibus e delle carrozze con cui l’omnibus s’incrociava, maledì tutte le ruote di Roma e si chinò, stringendo gli occhi, verso il suo compagno.