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battaglie notturne 297

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Allora Elena gli domandò se in nessun caso, in nessun modo accetterebbe un’offerta simile dalla famiglia Carrè, senza la condizione d’andare in America. Egli rispose un «mai» pieno di superbia e d’ira, si confermò nel dubbio che proprio l’avvocato Boglietti non avesse parlato per incarico dei Carrè.

«Verrò» diss’ella.

Il barone la guardò, battè sul braccio del canapè la mano distesa e rispose:

«Va bene.

Poi andò a prendere nel suo cassettone un revolver, lo posò presso la lucerna.

«Ecco l’amico che mi doveva assistere» disse egli. «Ti giuro che mi sarei ammazzato cento volte prima di accettare il soccorso dei tuoi.

Elena prese il revolver.

«È carico» disse suo marito.

Elena lo tenne tuttavia, pareva considerarlo attentamente. Le sue mani tremavano, le labbra erano serrate, convulse. Non la vedeva neppure, la piccola canna lucente; vedeva solo l’uomo che amava tanto, da cui si sapeva tanto amata, lo vedeva nel momento dell’ultimo addio, di un’angoscia senza nome.

«È quello che mi hai regalato tu da fidanzata» disse suo marito.

Elena depose il revolver sul tavolino, lo guardò ancora finchè si fu ricacciate in gola le lagrime.

«E allora?» diss’ella piano.

«Allora» riprese il barone «io accetto e si assestano gli affari; ci vorrà un po’ di tempo perchè tutti i miei debiti non li so neppur io, quasi. Poi si va.

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