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battaglie notturne | 305 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:315|3|0]] posato il lume sul tavolino da notte, sedette nella poltrona accanto al letto. Era ancora quel dolor sordo al cuore, era ancora quella inerzia mortale della mente; ma più gravi di prima. Guardava la fiamma della candela tremare ed ardere come le fiamme dei fanali nella via, e le pareva di aver nel petto un peso di lagrime morte che non ne potessero ascendere. Non si svestì, non si mosse. Il lume le si velava qualche volta d’una nebbia che lo ingrandiva smisuratamente; allora il suo cuore batteva forte, pareva che le lagrime salissero; ma poi non era nulla, il lume tornava lucido. Verso il mattino piegò il capo sul letto intatto, si assopì un istante, si trovò in sogno a Passo di Rovese. Le pareva di andar a salutare per l’ultima volta i suoi vecchi abeti. Ed ecco, il più antico, il più caro, il grande abete triste che pareva stanco di secoli, aveva ceduto al destino, giaceva troncato dalla tempesta. Finalmente allora ella pianse nel sonno, si svegliò, pianse ancora, con sollievo, a torrenti.