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occulto dramma 321

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«Senti» diss’egli. «Ti ricordi che ti ho scritto una volta di Pergolese e di quell’incognita, che ti ho domandato se adesso saranno insieme? Non pregheresti per una riunione così, nell’altra vita?

«No» rispose Elena con un fil di voce, «non potrei. Ti faccio male» soggiunse. «Perdonami.

Egli tacque.

«Tu hai tanta fede» diss’ella «e io no. Io non posso domandare a Dio di farmi felice. Potrei domandargli di far felice te, lo desidero tanto; ma non ho il coraggio di domandargli queste cose, io, al Signore; non ne ho il diritto. E non mi pare neppure che vada bene. Appena gli posso domandare che sia fatta la sua volontà e che ci aiuti tutti e due a benedirla qualunque sia.

Cortis le strinse il braccio, le prese la mano sinistra con ambedue le proprie, gliela strinse forte in silenzio. Non parlarono più, nè l’uno nè l’altra, per un gran tratto.

Come giunsero al punto dove un valloncello ombroso mette capo alla destra del viale, Cortis s’arrestò, chiese ad Elena se volesse andare a salutare il suo tiglio. Non v’era solo il tiglio da quella parte; v’era anche la colonna con le mani congiunte e la scritta latina.

«Andremo domani» diss’ella piano «se non ti rincresce. Verremo più tardi; vuoi?

Avrebbe preferito serbar quel piacere a dopo l’ora di posta, quando era meglio in grado di goderlo. E poi si sentiva troppo turbata dalle parole di Daniele sulla riunione futura, troppo in pericolo di lasciargli intendere quanto l’amasse; perchè egli non lo sapeva ancora, quanto! Questo non andava bene, questo non

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