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CAPITOLO XXI.

Nel poema dell’ombra e della vita.


L’indomani, a colazione, s’era deciso di condurre, fra il tocco e il tocco e mezzo, il senatore Clenezzi ai giardini Cortis per far ritorno a villa Carrè dalla parte di Caodemuro. Al tocco, Elena sedeva nella sua camera presso la finestra aperta, tendendo involontariamente l’orecchio a ogni passo che suonasse giù nel giardino. Pensava, e le veniva in cuore, piano piano, una speranza. Non osava trattenerla, la mandava via subito; la richiamava, vi si appoggiava un momento, un attimo solo per sentir quel riposo così molle, ricreante. Se suo marito non sapesse che farne di lei, se avesse voluto soltanto metterla alla prova? No no, adesso non voleva pensarlo, era troppo presto. Ma se la lettera oggi non venisse? Se non venisse neanche domani? Secondo Lao, la partenza di suo marito non avrebbe potuto tardar molto. Era prudente di aspettar qualche giorno ancora prima di sperare; ma se la lettera non venisse neppure posdomani? Allora sì, allora sarebbe da sperare che non venisse più.

La posta era in ritardo quel giorno. Clenezzi e Cortis passeggiavano su e giù per il giardino davanti alla villa. Cortis guardava spesso la finestra d’Elena, ascoltava poco le chiacchiere del suo compagno.

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