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26 | daniele cortis |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Daniele Cortis (Fogazzaro).djvu{{padleft:36|3|0]] all’aperto dove una stradicciuola corre a destra le praterie verso Villascura e casa Cortis, un’altra scende a sinistra nel fragore del Rovese, in faccia alle nude scogliere imminenti del monte Barco, una terza va diritta a tre grandi abeti che dal ciglio d’un pendio fronteggiano la vallata. Elena trepidò pensando che forse suo cugino avrebbe preso a destra, verso casa sua. Potrebbe seguirlo ancora, in questo caso, costringerlo, quasi, a parlare? Egli tirò avanti diritto, verso gli abeti. Le balzò il cuore, una vampa le salì al viso.
«Cara Elena» disse Cortis.
La maschia voce morbida e sonora cadde spossata come sotto un dolor mortale.
«Una cosa grave» diss’egli; e si fermò, guardò sua cugina. Dovette leggerle una gran commozione in viso, perchè soggiunse subito premurosamente:
«No, cara, non è una cosa più forte di me.
«Lo credo» diss’ella guardando diritto avanti a sè con gli occhi vitrei. Non pareva più, nè all’accento, nè allo sguardo, la stessa Elena che aveva parlato, due minuti prima, al dottor Grigiolo.
«Tu la devi sapere» soggiunse Cortis «ma non è facile il dirla.
«Non dirmi niente» rispose Elena sottovoce, sempre senza guardarlo. «Sono stata una stordita di venire a impormi così.
Pensò che, a rigore, era ancora in tempo di non imporsi e stese la mano a suo cugino con un sorriso forzato.
«Buon viaggio» diss’ella.
Egli fece un atto d’impazienza e disse solo:
«Oh!
La giovane signora arrossì, come se in quell’oh