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112 il figlio del reggimento.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:120|3|0]]a gambe o si rannicchiava dietro una tenda; il perchè non lo sapeva neanco lui. Ma un giorno, mentre egli stava a chiacchiera con due o tre soldati presso alla tenda d’un aiutante maggiore, eccoti sbucare all’improvviso il colonnello. Tremò da capo a piedi; non era più in tempo a nascondersi; bisognava guardarlo e salutarlo; alzò gli occhi timidamente e portò la mano al cappello. Il colonnello lo guardò, gli passò la mano sotto il mento e gli disse: — Addio, buon ragazzo. — Carluccio andò a un pelo dall’impazzare; volò subito da noi, e, ansando e balbettando, narrò l’accaduto.

Cosa strana in un ragazzo della sua età, egli non abusò mai menomamente della famigliarità con cui si trattava. Sempre docile, umile, rispettoso, come il primo giorno in cui lo raccogliemmo sulla via. E di quel fortunato giorno tratto tratto ei ce ne soleva parlare; non mai però senza che gli luccicasse qualche lagrima negli occhi. Aveva anche le sue ore melanconiche, specialmente i giorni di pioggia, quando tutti i soldati stanno raccolti sotto le tende, e il campo è tacito e deserto. In quell’ore egli stava seduto sotto la tenda colla faccia verso l’apertura e gli occhi immobili a terra come se contasse le goccie di pioggia che venivano dentro. — Carluccio a che cosa pensi? — gli domandavo. — Io? a niente. — Non è vero, vieni qua, povero Carluccio, vieni qui accanto a me; io non sono che uno fra i tanti che ti vogliono bene; ma ti voglio bene per tutti. Siediti qua; discorriamocela fra noi altri due, e via dal cuore tutte le malinconie. — Egli piangeva. Ma eran malinconie che svanivano presto.

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