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114 | il figlio del reggimento. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:122|3|0]]guardarlo ancora una volta, e uscivano scotendo la testa in atto di dire: — Poveretto!
— Carluccio, come stai? — gli chiesi un giorno quand’ei cominciava a star meglio.
— Mi rincresce.... egli rispose, e lasciò la risposta a mezzo.
— Che cosa ti rincresce?
— Non posso....
— Ma che cosa non puoi?
— .... Far qualche cosa. — E abbassò gli occhi e mi guardò le scarpe e i calzoni, e soggiunse: — .... Fanno tutto gli altri....
Voleva dire delle ordinanze che ripulivano tutta la nostra roba esse sole, senza che egli le potesse aiutare.
— E io son qui...., disse ancora con voce di pianto,... son qui.... a non far niente.... d’imbarazzo.... Voglio.... — E fece uno sforzo per levarsi a sedere; non ci riuscì e ricadde colla testa sul guanciale e si mise a piangere. — Che bell’anima! — io esclamai, e dissi e feci quanto seppi per consolarlo.
VII.
— Come si fa a far le ritirate i giorni delle battaglie? È vero che i soldati non camminano più al loro posto e vanno ognuno dove gli pare? — Questa domanda dirigeva Carluccio, una sera, ad uno degli ufficiali della mia compagnia, il quale, seduto accanto al suo letto, lo svagava con que’ fantastici racconti di guerre e di battaglie, che si soglion fare ai fanciulli. L’interrogato sorrise, certamente pensando quanto una tale domanda avrebbe potuto parer sottile e furbesca dove non l’avesse fatta un fanciullo di quell’età, ed anco beffarda se non l’avesse fatta un amico.