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il figlio del reggimento. | 125 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:133|3|0]]gno ce lo piglieremo in casa e ce lo terremo fin che occorra; ve ne do parola; va bene? —
La proposta fu accolta con un generale «benissimo» e un gran batter di mani sulle spalle al proponente che gli fece sollevare dalla tunica tutta la polvere presa alla manovra.
— Ora viene il difficile però! — egli soggiunse liberandosi da noi con un paio di pizzicotti ben’azzeccati.
— Che cosa? si domandò.
— Persuaderlo. —
Risolvetti d’incaricarmene io, e ci separammo.
La sera di quello stesso giorno, prima del calar del sole, mentre stavamo in dieci o dodici a chiacchierar di bubbole accanto alla baracca del vivandiere, quello stesso ufficiale padovano di cui dissi poco fa, levò la voce sopra il cicalìo della brigata, ed esclamò:
— È stato concluso un nuovo armistizio; possiamo allontanarci dal campo; chi viene a veder Venezia?
— Io — risposero tutti ad una voce.
— Andiamo subito?
— Andiamo subito. —
E tutti si mossero.
— Carluccio, vieni con noi, andiamo a veder Venezia. —
Dal nostro campo, situato in vicinanza di Mestre, Venezia non si vedeva; ma in assai meno d’un’ora potevamo condurci in un punto di dove ell’era visibilissima; quel punto, voglio dire, in cui dalla grande strada che corre fra Padova e Mestre si dirama, dalla parte di Venezia, una piccola via, la quale sopra un argine assai rilevato giunge sino a Fusina, sulla spiaggia della laguna. In quel luogo v’è un gruppo di case di campagna e una locanda nota e cara per due dei più graziosi visini ch’io m’abbia mai veduto dacchè porto questi occhi. Pi-