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il coscritto. | 149 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:157|3|0]]tima volta quelle finestre della caserma, e ti fermerai, e se ti basterà la voce, dirai ancora una volta: — Addio, o mia seconda casa paterna, dove ho amato tanti amici, dove ho passati tanti bei giorni colla coscienza serena, dove ho tanto pensato e sospirato i miei cari; addio, mio povero letticciuolo; addio, mio buon sergente di squadra; addio; mio capitano, addio.... Che cos’hai? —
Il coscritto era immobile, attonito, colla faccia convulsa, il respiro affannoso e gli occhi lacrimosi scintillanti d’un sorriso ineffabile.
— Che cos’hai?
Fece uno sforzo per raccogliere la voce abbassando la testa e allungando il collo come se mandasse giù un grosso boccone; ma non la raccolse intera e gli venne appena fatto di dire in fretta e a mezza voce: — Niente. —
L’ufficiale sorrise.
— Sai scrivere?
— .... Un poco — rispose il coscritto col respiro tuttavia affannoso.
— Allora vieni con me. —
S’avviò verso la sua camera e il coscritto lo seguì. Entrati che furono, l’ufficiale fece sedere il suo buon paesano al tavolino, gli mise una penna in mano, un foglio di carta davanti, e gli disse: — Scrivi a tuo padre. —
Il coscritto lo guardò a bocca aperta.
— Scrivi a tuo padre.
— .... Che cosa?
— Che cosa hai visto, che cosa pensi, che cosa senti; quello che vuoi.
— Ma....
— Zitto; fin che non hai finito non ti permetto di dire una parola. —