Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
un mazzolino di fiori. | 169 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:177|3|0]]ogni cosa, e un po’ più oltre la banda che suonava, quasi coperta da un fracasso di tamburelli e di trombette che lacerava le orecchie.
— Povera gente! — disse mia madre al maggiore accennandogli i soldati. — Essi non mancano mai; essi son sempre dappertutto. Non basta che ci difendano dai nemici, e spengano gl’incendi, e acquietino i tumulti, e proteggano le nostre vite e le nostre sostanze; essi proteggono ancora le nostre feste, assicurano le nostre gioie, essi che non hanno nè gioie, nè feste e patiscono tanto e fanno tanti sacrifizi, senza raccoglierne mai un frutto, senza ottenerne mai un compenso; ma che compenso! un conforto, una parola di riconoscenza, un grazie. La gente non li guarda nemmeno; noi siamo tutto per loro, e loro, per noi, nulla. —
Il maggiore, serio anch’esso che pareva un magistrato, senza neppur guardare i soldati rispose gravemente: — È vero.
— Se è vero! — soggiunse vivamente mia madre. — Guardi, maggiore; guardi un po’ quel soldato là, il primo a cominciar da questa parte; guardi che aria melanconica! Che abbia qualche dispiacere? Che si senta male?
— Chi lo può sapere? — rispose il maggiore sorridendo leggermente.
— Chi sa che cos’abbia! — ripetè mia madre; e stette guardandolo pensierosa. Così fatta è quella santa donna, che anche in mezzo al frastuono e all’allegrezza di una festa, un nonnulla le svia la mente da quel che la circonda, e la trae, di pensiero in pensiero, sino alla malinconia. Veda, signora, se mette conto aver buon cuore!
— Via!
— Scherzo. La carrozza andò innanzi e mia madre continuò a parlare di quel soldato; poi si rimise a pensare, e quindi tutt’ad un tratto: — E se qualcuno