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carmela. | 177 |
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II.
La seguente mattina, appena sorto il sole, uscì di casa. Non aveva ancora fatto dieci passi sulla piazza, quando si sentì tirare leggermente la falda della tunica. Si fermò, si voltò, e vide a due passi da sè, ritta e immobile nell’atteggiamento del soldato che saluta, una fanciulla co’ capelli rabbuffati e il vestito scomposto, alta, sottile e di bellissime forme. Teneva fissi in volto all’ufficiale due grandi e vivi occhi neri, e sorrideva.
— Che cosa volete? — questi le domandò guardandola in aria di sorpresa e di curiosità.
La fanciulla non rispose, ma seguitò a sorridere e a tener la mano tesa contro la fronte nell’atto del saluto militare.
L’ufficiale si strinse nelle spalle e tirò innanzi. Altri dieci passi, altra tiratina alla tunica. Si fermò e si voltò un’altra volta. E quella sempre ritta e impalata come un soldato in riga. Guardò intorno e vide qualcuno là presso che osservava quella scena e rideva.
— Che cosa volete? — le domandò un’altra volta.
La fanciulla stese la mano coll’indice teso verso di lui e disse sorridendo:
— Voglio te. —
— Ho capito, — egli pensò; — n’ha un ramo, — e, cavato di tasca qualche soldo, glielo porse, facendo atto di andarsene. Ma la fanciulla, piegando un braccio dinanzi al petto come per farsi schermo del gomito contro la mano che le porgeva il danaro, esclamò un’altra volta:
— Voglio te. —
E si mise a pestar forte co’ piedi, arruffandosi i ca-
De Amicis | 12 |
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