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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:191|3|0]]li accompagnava collo sguardo fin che fossero spariti, senza rispondere nè colla voce nè cogli atti nè col sorriso a qualsiasi cenno le facessero. Tutt’al più, qualche volta, quand’eran già dimolto allontanati, essa faceva con tutt’e due le mani l’atto di sparare il fucile contro di loro; ma sempre col viso serio. Così coi soldati, con cui nessuno l’aveva vista mai nè trattenersi, nè parlare, nè ridere. Passava dinanzi a loro o in mezzo a loro senza rispondere parola ai motti che le lanciavano, senza volger la testa all’intorno, senza guardare in faccia nessuno. Nè v’era chi s’attentasse a toccarle pure un dito o tirarla per la veste o che so io, perchè si diceva che menasse certi ceffoni da lasciar l’impronta delle dita sul viso.
Dovunque si fosse, appena udiva un suon di tamburo, accorreva. I soldati uscivan dal paese per andare a far gli esercizi sulla riva del mare, ed essa li seguiva. Mentre i sergenti comandavano e l’ufficiale, a una qualche distanza, sorvegliava, essa ritiravasi in disparte e contraffaceva colla più gran serietà gli atteggiamenti dei soldati e imitava con un bastoncino i movimenti dei fucili, ripetendo a bassa voce i comandi. Poi, all’improvviso, buttava via il bastone e andava a ronzare intorno all’ufficiale, guardandolo e sorridendogli amorosamente e chiamandolo coi nomi più dolci e più soavi, a bassa voce però, e coprendosi la bocca con una mano, perchè non sentissero i soldati.
Quand’era in paese stava quasi sempre sulla piazza dinanzi alla casa dell’ufficiale in mezzo a un circolo di ragazzi che divertiva con ogni sorta di buffonate. Ora si foggiava un cappello cilindrico di carta con una gran tesa, se lo metteva in testa di sbieco, e appoggiandosi sopra un grosso bastone e brontolando con voce nasale scimiottava l’andatura del sindaco. Ora con certi