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il mutilato. | 265 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:273|3|0]]si doveva ringraziare il cielo che la fosse andata a quel modo.
Povera gente! Se la fosse andata a quel modo, avrebbero proprio dovuto ringraziarne il cielo; ma non sapevano la verità. Il povero soldato era stato colpito da una palla di fucile nella gamba, presso il ginocchio, a un cento di passi dal nemico; la palla gli aveva spezzato le due ossa, la tibia e la fibola; trasportato all’ospedale, gli era stata recisa la coscia a quattro dita dal ginocchio.
Dopo una quarantina di giorni, gli diedero una gamba di legno, un par di stampelle, un foglio di via, e, apertegli le porte dello spedale: — Va, gli dissero, torna a casa, povero giovane, che la tua parte l’hai fatta.
Prima di partire alla volta di casa sua, scrisse alla madre per avvertirla della partenza, e del giorno e dell’ora in cui sarebbe arrivato a casa; scritte le quali cose, si risolvè, si sforzò, ma non gli bastò l’animo a svelarle la sua sventura; dieci e dieci volte gettò sulla carta la prima parola e vi die’ di frego subitamente, quasi atterrito ch’essa gli fosse caduta dalla penna. Ma non era per anco partita la lettera, che gli si affacciarono per la prima volta alla mente tutte le conseguenze possibili, certe anzi, inevitabili e tremendamente dolorose di quel suo inganno troppo pietoso; si dolse amaramente d’aver sempre taciuto quella sua sventura; si meravigliò di non aver pensato mai per l’addietro a quanto dal suo tacere sarebbe seguìto di più tristo e di più desolante nella sua famiglia che non dal dire coraggiosamente tutta la verità; e internandosi, come non l’aveva mai fatto, nell’immaginazione di ciò che sarebbe accaduto in casa sua al suo primo apparire in quello stato, e presentendo il cuore e raffigurandosi la disperazione dei genitori a quella vista così inaspettata e terribile, e pensando