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il mutilato. | 279 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:287|3|0]]parteneva alla seconda categoria della classe del milleottocento quarantacinque, stata chiamata, appunto in quei giorni, alle armi. E proprio quella sera, il buon giovanotto, pigliato congedo, non senza pianto, dai suoi, moveva alla volta della città, allorchè, passando dinanzi alla casa dell’amico di cui ignorava il ritorno, era stato chiamato dalla famiglia, fatto consapevole dalla sventura toccata al suo Carlo, e sospinto nelle sue braccia. Tutta la famiglia gli aveva tenuto dietro, e la madre, appena posto piede nella stanza e lanciato uno sguardo indagatore sul volto dei due fidanzati, tuttora lagrimoso, ma illuminato d’una gioia profonda, aveva tutto compreso, si era sentito al cuore un grande sollievo, e mentre suo figlio tenea il capo fra le braccia dell’amico, aveva trasfuso quel sollievo, più co’ cenni che colle parole, negli altri.
Finalmente il mutilato si sciolse da quel lungo abbracciamento, fe’ cenno all’amico che gli sedesse accanto, e, passato due o tre volte il rovescio della mano sugli occhi, fece capire che avea da dir qualche cosa. Tutti gli si strinsero attorno; più accosto a lui, la madre e la fanciulla.
— Sta di buon animo, — egli cominciò rivolgendosi all’amico che pareva scoraggito e triste; — sta di buon animo, camerata. Non ti lasciar pigliare da certe malinconie. Lo so anch’io che, a veder me in questo stato, ora che stai per partire, e hai lasciato la famiglia un momento fa, e devi andare a fare il soldato, e vai adesso che c’è la guerra, ti fa pena vedermi in questo stato; pensa un po’ se io non lo capisco, povero giovane. Bel guadagno, tu dirai, a far quel mestiere! Ma, Dio buono, a che serve disperarsi? Bisogna farlo il soldato, volere o non volere? Sì, e dunque! tanto vale torsela in santa pace e partire si buona volontà; lo ca-