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320 l’esercito italiano

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:328|3|0]]giorno che il colèra aveva incrudelito oltre il consueta in quel paese, alcune frotte di pezzenti armati di zappe e di bastoni andavano in volta pel paese, levando alte grida di minaccia, fieramente risolute a farla finita cogli avvelenatori. Una di queste frotte incontrò il merciaiuolo, lo pigliò in mezzo senza ch’egli se n’avvedesse, gli si strinse ai panni e lo interrogò. — Quanti ne hai spacciati quest’oggi? — Lo sventurato comprese e credette di salvarsi con uno scherzo — Dieci! — rispose, e non rise. — Bastò. Uno della folla gli diede un gran calcio nella cassettina delle spille e delle cravatte che portava appesa al collo, e gli mandò in aria ogni cosa, dicendogli: — Questo, per ora. Adesso mostraci con che cosa assassini la gente. — Io? — quegli rispose per sua sventura, non riuscendo a frenare un impeto d’indignazione. — Siete voi che mi assassinate! — Ah siamo noi! — proruppe la folla furente. E nello stesso punto un pugno vigoroso nel mento gli empiva di sangue la bocca, una mano lo serrava alla strozza, un’altra gli si avvolgeva nei capelli, su tutta la persona gli cadeva una tempesta di pugni e di calci, ed era sbattuto così violentemente contro il muro che la nuca vi lasciava sopra una impronta di sangue. — Confessa i complici, assassino! — gli gridavano i primi conficcandogli profondamente le unghie nelle guancie e nel collo e premendogli le ginocchia e i bastoni contro il ventre — confessa! — E quei ch’eran dietro tendevan le braccia per afferrarlo, si buttavano di qua e di là per aprirsi un varco nella folla e giungere fino a lui e aprirgli anch’essi una ferita. L’infelice grondava sangue dalla bocca e dalle orecchie, gli occhi pareva gli volessero schizzar dalla fronte, un rantolo mortale gli erompeva dal petto; metteva orrore. — Confessa! Confessa! — Tutto ad un tratto dall’altro lato della strada scoppiò un altissimo

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