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26 | l’ufficiale di picchetto. |
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In questo punto gli parve di sentirsi dietro un cigolìo come di grossa porta che si muova lentamente sui cardini; si volse, guardò attorno, e si accorse che era nel corridoio d’entrata, vicino alla porta del quartiere. Un’ombra nera si avanzava sospettosa rasente il muro, come una figura di bassorilievo ambulante; moveva due passi, si fermava, si guardava attorno, ricominciava ad andare, si fermava un’altra volta, come avesse paura; giunse alla porta, tossì, strisciò i piedi, ed ecco sul limitare della porta del corpo di guardia un’altra figura, come la prima, circospetta e guardinga. Si scambiarono poche parole sommessamente; la porta s’aperse adagio adagio, uno di que’ due spari. — Ah! lo riconobbi, — pensò il sognatore, il sergente dell’ottava. — E si volse e ne vide un altro. Dietro a questo un terzo. E poi un quarto. Il sergente della quinta. Il furiere della sesta. Il furiere della terza. — Ah! traditori! — sognò di gridare — alla sala tutti! tutti alla sala! sergente di guardia! sergente...
In questo momento gli parve di dar della mano contro qualche cosa di cedevole e di lanoso. Si volge; è un letto. Dietro a questo un altro, e poi un altro, e un altro ancora, una lunga fila di letti. Guarda intorno e s’accorge d’essere in un dormentorio; un lumicino in fondo al camerone rischiarava velatamente gli oggetti; tutto taceva; si sarebbe sentito volare una mosca. All’improvviso uno dei dormenti comincia a russare, dapprima leggermente, poi più forte, poi in un modo da farsi sentir nella strada. Qualcuno si sveglia. Un vicino tende le braccia, sbadiglia, si frega gli occhi e scappa fuori a dire: — Ohè! non potresti dormire un po’ più da cristiano? — Niente, non se ne dà per inteso. — Hai capito di dormire un po’ più da cristiano? — gli urla più forte il vicino. Niente; gli è come parlare al muro. — Corpo di una bomba! — esclama questi saltando giù dal letto, ora t’ag-