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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - La vita militare.djvu{{padleft:407|3|0]]e rosso da mettere invidia a un pascià, è veramente vergognoso e insoffribile. Quanta bile mi dà questo specchietto che per quanto io fatichi, e sudi, e mi roda dentro, s’ostina a riflettermi sotto il mento un altro mento che fa capolino! Io l’odio questo neonato insolente che ride sulle sventure della patria! Scherzo; ma è uno scherzo che va poco giù. Marciamo sotto il sole di mezzo giorno; a destra e a sinistra della strada, orti, campi floridi e ville; a traverso il cancello dei giardini vediamo in lontananza, in fondo ai viali, signori in maniche di camicia sdraiati all’ombra dei pergolati, e signorine vestite di bianco, vaganti pei poggi in mezzo ai pini e alle mortelle. Oh loro felici! Non perchè stanno all’ombra e riposano; ma perchè non portan sull’anima questo terribil peso di sconforto e di tedio.
Risposta: — Capisco; capisco tutto; le madri capiscono tutto; coraggio, figliuolo.
La divisione Cugia è a Parma; parte per Ferrara.
Parma, 10 luglio.
.... Benedetti soldati! Mi par d’amarli di più dopo quella nostra sventura; son sempre gli stessi loro, sempre rassegnati, buoni. In marcia, quando cominciano a curvarsi e a zoppicare, li guardo, li guardo: mi ci struggo, proprio. Qualche volta, quando me ne fanno qualcuna, io fo tra me un ragionamento lungo e sottile per provarmi che quello è veramente il caso di andare in collera, e poi alzo la voce: — Insomma, è tempo di finirla! Così non si va avanti! Fareste perder la pazienza a un santo! Or ora.... — Impostore — mi dice una voce di dentro — tu non sei mica in collera. — È vero! — io rispondo sorridendo, e smetto. Ma poi fermo il proposito di non amarli più, o almeno di non farmi scorgere, chè