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468 | il più bel giorno della vita. |
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— La chiesa è a pochi passi di qui; voi Luisa l’avrete veduta venendo; è là in fondo alla valle appena passato il ponte; la strada è bella, ombrosa....
Tutti continuavano a tacere.
— E poi abbiamo una stupenda giornata; anche il tempo fa festa, come vedete;.... per che ora avete fissato?
— Per le sette, — rispose la madre.
— Allora, — soggiunse il colonnello guardando l’orologio, — è ora.
I due giovani si scossero, si guardarono, e fecero un passo l’uno verso l’altro.
— Dunque? — domandò la madre con un sorriso, guardando prima l’una e poi l’altro. — Animo, a braccetto. —
Cesare porse il braccio alla sposa, essa vi appoggiò il suo, e tutti e due accompagnarono collo sguardo quell’atto come se avessero dovuto fare qualcosa di difficile o di strano: tremavano.
— Avanti, — disse la madre.
Fecero due o tre passi per uscire; poi s’accorsero che s’erano scordati di salutare il colonnello, voltarono la testa indietro tutti e due dalla stessa parte, e s’incontraron coi visi. Tutti sorrisero, Luisa arrossì. — Dio v’accompagni, ragazzi, — disse il colonnello alzandosi per vederli andar via. Gli sposi s’allontanarono camminando a passi incerti e ineguali; dietro a loro i parenti e gli amici; la madre e il colonnello si scambiarono un sorriso, come per dire: — Poveri giovani, non han più la testa a segno.
— Dio v’accompagni, — ripetè il colonnello rimasto solo, guardando il cancello per cui erano usciti.
La lieta comitiva era già un pezzo innanzi giù per la strada del colle.