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488 il più bel giorno della vita.

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— Come? Perchè? Dove sono?

— Le hanno trasportate un mezzo miglio più in là, sull’altra collina...

— E chi è che le ha fatte trasportare?

— Indovinate.

— Chi?

— Il Re.

— Eccovi ricchi! — disse una contadina agli sposi.

— Musica! — gridò il colonnello colla voce tremante.

La musica cominciò; tutti corsero a ballare; Luisa e Cesare rimasero immobili come due statue.

— E voi altri? — domandò il colonnello più stordito di loro.

Si misero a ballare anch’essi.

Non avevano fatto quattro passi che Cesare gettò un grido, la musica cessò, e tutti s’affollarono intorno a lui domandando: — Che c’è? Che è accaduto?

— Mi s’è svenuta Luisa tra le braccia, — Cesare rispose; la sorreggeva infatti perchè non cadesse in terra.

Il colonnello s’avvicinò a Luisa e la chiamò per nome.

Luisa aperse gli occhi, guardò in torno, mise un sospiro e sorrise.

— Ah! non è nulla! — esclamò Cesare riavendosi.

— È stato un eccesso di gioia — soggiunse il colonnello. — Musica!

Ricominciarono a ballare.

Due ore dopo il prato era deserto e silenzioso. Qua e là, fra i rami degli alberi, risplendeva ancora qualche lumicino. Tutte le finestre della villa eran chiuse, tranne una, quella di mezzo, aperta e illuminata. Ci si vedeva qualcuno seduto colle braccia incrociate sul davanzale e la testa appoggiata sulle braccia: era il colonnello. Spi-

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