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had-el-garbìa 99

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Entrando nella tenda, il capitano mi ripetè la raccomandazione. Decisi d’intavolare il discorso quando fossimo a letto. Era indispensabile; ma mi costava un grande sforzo. Il viceconsole avrebbe potuto prender la cosa in mala parte e ne sarei stato dolentissimo. Era un compagno così piacevole! Da schietto siciliano, pieno di fuoco, parlava delle cose più insignificanti collo stile e coll’accento d’un predicatore ispirato. Profondeva gli aggettivi terribile — immenso — divino — ad ogni proposito. Il suo gesto più riposato era di agitare le mani al di sopra della testa. A vederlo discutere, con quegli occhi che gli uscivan dal capo, con quel naso aquilino che pareva volesse agganciare l’avversario, si sarebbe giudicato un uomo irascibile e imperioso; ed era invece la più buona, la più arrendevole pasta di giovanotto che si possa immaginare.

— Animo — disse il capitano quando fummo tutti e quattro a letto.

— Signor Grande, — io cominciai — lei ha l’abitudine di levarsi durante la notte?

Parve molto meravigliato della mia domanda. — No — rispose — e mi spiacerebbe che l’avesse qualchedun altro.

Quest’è curiosa! pensai. — Dunque — soggiunsi — lei riconosce che è un abitudine pericolosa.

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